Andrea Loddo, cui si deve la realizzazione di gran parte degli oggetti presentati in questa mostra, è un archeo- sperimentatore, con uno spiccato senso di appartenenza ad un’isola che soprattutto in età pre-nuragica e nuragica espresse una delle più grandiose civiltà del Mediterraneo. Il suo desiderio di conoscere e divulgare le testimonianze di un lontano passato lo ha portato, nel corso degli anni, a studiare e quindi riprodurre costumi, armi ed oggetti tipici delle popolazione del tempo, ricorrendo a strumenti e pratiche arcaiche. Il culmine della sua maestria e del suo impegno si identifica nella riproduzione della bronzettistica nuragica, con la tecnica della “cera persa”. Tecnica che presuppone la conoscenza profonda delle argille, degli impasti, delle leghe metalliche e degli accorgimenti che solo una passione sterminata quanto l’amore per la propria terra possono garantire.
CHIARA VIGO
Dalla “pinna nobilis”, il più grande bivalve del Mediterraneo comunemente chiamato “nacchera”, si estrae un fiocco filamentoso da cui si ricava il “bisso”: la “seta di mare” splendente come oro, soffice e più sottile di un capello, ma mille volte più resistente. Di bisso erano gli abiti di re Salomone, e dei regnanti di un tempo remoto. Chi lo lavorava erano donne speciali, ed oggi ne è rimasta una sola, Chiara Vigo, che esercita la sua arte tramandata da generazioni a Sant’Antioco, cittadina dell’omonima isola dell’arcipelago del Sulcis. La leggenda vuole che fosse stata la principessa Berenice di Caldea, in esilio a Sant’Antioco per essersi innamorata dell’imperatore romano Tito, ad insegnare la tessitura della “seta di mare”: talmente preziosa che non si vende, non si compra, ma può essere solo donata o ricevuta…o ammirata!
GEROLAMO EXANA
Avevano scudi rotondi, elmi cornuti e lunghe spade di bronzo. Erano gli Shardana, i più favolosi guerrieri di un lontano passato che a capo della confederazione dei Popoli del Mare, un giorno di più di tremila anni fa traversarono con le loro navi veloci il Mediterraneo orientale per sconvolgere le coste del mondo allora conosciuto. Vicende di antichi naviganti che ispirarono e ancora ispirano la fantasia e le mani magiche di un grande appassionato di ricostruzioni sperimentali del periodo arcaico: Gerolamo Exana, che ha ricostruito nei suoi disegni e nei suoi modelli, quelle imbarcazioni fantastiche, che le iscrizioni egizie e i bronzetti racchiusi nelle teche dei musei e delle collezioni private hanno voluto consegnare alla storia.
GIUSEPPE CABRAS
L’ossidiana, “sa perda corbina”, il vetro vulcanico nero come le ali del corvo proveniente dal Monte Arci, nella Sardegna centro-occidentale, rappresentò probabilmente la maggiore risorsa dell’isola nel corso del neolitico antico (6000-4000 a.C.). Le operazione di scheggiatura consentivano alle genti di allora di realizzare e quindi commercializzare arnesi d’uso comune, punte di freccia e lame dure ed affilate come rasoi. Il fascino dell’ossidiana ha coinvolto, da quasi un ventennio, Giuseppe Cabras, un appassionato della nostra preistoria e delle sue infinite testimonianze. La sua ricerca continua dei sistemi di lavorazione della selce e dell’ossidiana e la costante sperimentazione delle tecniche di scheggiatura utilizzate dai nostri antichi padri, si sono quindi concretizzate, in particolare, nella realizzazione di straordinari coltelli: “opere uniche” esposte in numerosi musei nazionali ed esteri, come quello di Maniago (Pordenone) e di Albacete, in Spagna, uno dei più famosi in Europa.
MANLIO RUBIU
Gli oggetti in ceramica, nelle loro molteplici rappresentazioni ,sono notoriamente i principali marcatori dei vari periodi della preistoria. Manlio Rubiu, in arte “Manlius”, grazie alla sua passione per l’archeologia sarda e ad un’ innata curiosità, da diversi anni ha intrapreso una costante ricerca in questo settore, ricostruendo i manufatti ceramici con tecniche d’impasto, forme, decorazioni e modalità di cottura che si presume fossero impiegate in quelle epoche remote. Pietre di basalto, listelli di canne, ossa di animali, sono gli strumenti a cui ricorre per dare uniformità e lucentezza agli stessi manufatti. Conchiglie e punte acuminate sono utilizzati per i decori, quindi evidenziati con paste bianche ed ocra rossa. La cottura viene infine effettuata all’interno di una fossa oppure in un forno arcaico, variando sapientemente temperature, tipi di legno ed apporti d’ossigeno in funzione dell’oggetto e della tonalità di colore che si vuole ottenere.
“Manlius” … grande divulgatore della grande Civiltà Sarda che tutti auspichiamo possa finalmente risorgere!
PITANO PERRA
“La musica nel sangue” è un modo di dire assolutamente appropriato per Pitano Perra, personaggio eclettico che ha dedicata gran parte della sua vita allo studio e alla ricostruzione degli strumenti musicali della millenaria tradizione isolana. Attività integrata dalla conoscenza di fisica ed acustica appresa negli studi d’ingegneria, dalla collaborazione con varie università italiane ed estere e dalle sue numerose conferenze internazionali sull’”archeo-musicologia”. Da oltre 25 anni, nel proprio laboratorio di Maracalagonis, si occupa della costruzione delle “launeddas”, lo strumento a fiato più rappresentativo della nostra regione, coltivando e selezionando personalmente le canne che lo compongono, tagliandole, stagionandole e catalogandole, allo scopo di ottenere lo strumento perfetto.